I.N.M.A.C.I.

Istituto Nazionale per la Mobilità Autonoma di Ciechi ed Ipovedenti
Fondato da Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti APS-ETS e Associazione Disabili Visivi APS-ETS.

Associazione Disabili Visivi Onlus

Associazione nazionale per la promozione sociale e culturale

dei non vedenti e degli ipovedenti

FONDATA NEL 1970

Ente morale con personalità giuridica di diritto privato

Riconosciuta dal Ministero L.P.S. come svolgente attività di evidente funzione sociale

Approfondimento normativo e giurisprudenziale sul superamento delle barriere architettoniche senso-percettive per i non vedenti nelle unità immobiliari pubbliche e in quelle private aperte al pubblico

(Legge n. 13/1989, D.M. n. 236/1989, Legge n. 104/1992, D.P.R. n. 503/1996, D.P.R. n. 380/2001, D.P.R. n. 207/2010)

Le barriere architettoniche non sono solo i gradini e le porte strette; infatti, il D.M. n. 236/1989, all'Art. 2.lett. A, lett. c) precisa che costituisce una barriera architettonica che va superata anche "la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi."; si parla in questo caso di barriere senso-percettive. Identico testo è contenuto nell'Art. 1.2.c) del D.P.R. n. 503/1996 per gli spazi ed edifici pubblici.

Anche i non vedenti devono essere in grado di accedere, senza bisogno di essere accompagnati, a tutti i locali aperti alle persone normodotate: infatti, lo stesso D.M. n. 236/1989, all'Art. 2. lett. G) specifica che “Per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia." Viene in tal modo enunciato il principio che l'accessibilità deve essere un requisito insito nella struttura e non dipendere da una eventuale assistenza esterna, dato che il concetto di autonomia esclude la necessità dell'assistenza; i segnali tattili a pavimento e le mappe a rilievo devono garantire l'accessibilità e la fruizione di tutti i locali e dei servizi presenti, compresi quelli igienici, e l'uso delle vie d'esodo in caso di emergenza, nonché degli spazi esterni di accesso alla struttura, a partire dalla pubblica via.

In concreto, per conseguire il risultato voluto dalla legge, devono essere installati i segnali tattili e le piste tattili sul piano di calpestio, dato che il pavimento è l'unico elemento di un edificio con il quale il non vedente è necessariamente e costantemente in contatto e dal quale può ricevere le indicazioni necessarie all'orientamento e alla sicurezza.

La Legge n. 13/1989, all'Art. 2, comma 1, parla della "realizzazione di percorsi attrezzati e l'installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi ....."

Lo stesso D.M. 236 (richiamato espressamente dal D.P.R. 503/1996), all’art. 4 comma 1, punto 10, n. 6 recita: “le rampe di scale devono essere facilmente percepibili anche per i non vedenti” e rimanda per le specifiche al punto 8.1.10 che precisa: "Un segnale al pavimento (fascia di materiale diverso o comunque percepibile anche da parte dei non vedenti), situato almeno a 30 cm dal primo e dall'ultimo scalino, deve indicare l'inizio e la fine della rampa."

Ma è l'intera struttura che deve essere accessibile, come chiarisce l’art. 4.3. del D.M. che al terzo comma prescrive che "Negli edifici aperti al pubblico deve essere predisposta una adeguata segnaletica che indichi le attività principali ivi svolte ed i percorsi necessari per raggiungerle."

La Commissione di studio sulle barriere architettoniche, costituita presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ai sensi dell'Art. 12 del D.M. n. 236/1989, con parere del 18.07.2012 ha stabilito che i sei codici del sistema tattile sono necessari e sufficienti a superare la "mancanza di accorgimenti e segnalazioni" indicata come barriera architettonica dall'Art. 2.A.c) del D.M. citato.

Le Associazioni nazionali che per legge e per Statuto hanno la tutela e la rappresentanza dei non vedenti e degli ipovedenti, a ciò legittimate dal combinato disposto della norma prestazionale del D.M. 236/1989 e dell'Art. 4 comma 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, hanno dichiarato che il sistema di segnali tattilo-vocali LVE con i TAG RFG e di mappe a rilievo è l'unico ausilio idoneo a realizzare gli "accorgimenti e segnalazioni" prescritti dal D.M. e dal D.P.R. citati, mentre non sono idonei i sistemi localizzativi elettronici, che non sono utilizzabili da "chiunque", in quanto richiedono alcune conoscenze informatiche non note a tutti i non vedenti: essi possono essere utilizzati con finalità informative in aggiunta, ma non in sostituzione dei segnali tattilo-vocali.

Ogni altra segnaletica tattile (percorsi a terra o mappe) anche parzialmente differente da quella studiata al millimetro dagli esperti delle Associazioni nazionali della categoria e testata optoelettronicamente nel Laboratorio tecnico dell'INAIL, non è idonea a conseguire i risultati prescritti dalla legge e costituirebbe un inutile spreco di denaro; si tratta infatti di un "linguaggio tattile", con i suoi termini specifici e le sue regole sintattiche e non può essere inventato da chiunque, così come la LIS (Lingua Italiana dei Segni) è soltanto quella approvata dall'Ente Nazionale Sordi e non se ne può usare un'altra;

Anche la Corte di Cassazione, Sezione quarta penale, con sentenza 25 ottobre 2006 – 22 marzo 2007, n. 11960, in causa relativa al decesso di un non vedente, ha basato la dichiarazione di colpevolezza dei responsabili "nella omessa realizzazione di un percorso tattile", che aveva provocato il suddetto decesso.

Anche in sede civile la Suprema Corte di Cassazione, II sez. Civile, con sentenza n. 18762/16, si è espressa sull'argomento ed ha stabilito il principio di diritto secondo cui "L'ampia definizione legislativa e regolamentare di barriere architettoniche e di accessibilità rende la normativa sull'obbligo dell'eliminazione delle prime, e sul diritto alla seconda per le persone con disabilità, immediatamente precettiva ed idonea a far ritenere prive di qualsivoglia legittima giustificazione la discriminazione o la situazione di svantaggio in cui si vengono a trovare queste ultime.". La medesima sentenza ha poi precisato che "In materia di eliminazione di barriere architettoniche, ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104, art. 24 e della legge 9 gennaio 1989 n. 13”, omissis “qualora si verta in una situazione di fatto in cui le norme di queste leggi prevedano come obbligatoria l’accessibilità in favore delle persone con disabilità, questa dovrà comunque essere assicurata, anche in mancanza di norme regolamentari di dettaglio che dettino le caratteristiche tecniche che luoghi, spazi, parti, attrezzature o componenti di un edificio o di parti di questo debbano avere per consentire l’accesso.”. Quest'ultima statuizione conferma l'infondatezza delle obiezioni avanzate da alcuni circa la mancanza di indicazioni progettuali dettagliate sul tipo di quelle dettate per eliminare le barriere fisiche per la disabilità motoria.

È facile constatare che nella grande maggioranza delle strutture private aperte al pubblico mancano del tutto o sono insufficienti le piste e segnali tattili sul piano di calpestio necessari per l'orientamento e la sicurezza dei non vedenti e degli ipovedenti.

Tale mancanza, che costituisce violazione della normativa sull'eliminazione delle barriere architettoniche, rende impossibile l'utilizzazione delle strutture da parte dei non vedenti "in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia" e, pertanto, esse sono inagibili ai sensi dell’art. 82 comma 6 del DPR n. 380/2001.

Ne consegue, ai sensi del comma 7 del medesimo articolo, che "Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità' ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili, relativamente ad opere eseguite dopo l'entrata in vigore della legge 5 febbraio 1992, n. 104, delle difformità che siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate. Essi sono puniti con l'ammenda da 5164 a 25822 euro e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi."

Oltretutto, il D.P.R. 207/2010 (Regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici) all'Art. 10.1, lett. o) impone al Responsabile del procedimento la verifica della rispondenza del contenuto dei documenti di progetto alla normativa vigente e, quindi, anche la verifica della presenza negli stessi della relazione sulle soluzioni progettuali e sui materiali da impiegare per superare le barriere, comprese quelle senso-percettive per i non vedenti, di cui all'Art. 20.2 DPR 503/1996.

Inoltre, poiché “ogni fonte di pericolo dev'essere resa immediatamente avvertibile anche tramite accorgimenti e mezzi riferibili sia alle percezioni acustiche che a quelle visive” (D.M. 236/89, Art. 4 comma 3), la loro mancanza rende gli immobili pericolosi.

Tutto quanto precede presuppone che si tratti di strutture aventi dimensioni non minimali.

Su tali situazioni, come per ogni altro quesito tecnico, ci si può rivolgere agli esperti dell'I.N.M.A.C.I. (Istituto Nazionale per la Mobilità Autonoma di Ciechi e Ipovedenti), organismo riconosciuto dalle associazioni nazionali delle persone con disabilità visiva.

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